Il diario di Elisabetta Sirani - Massimo Pulini

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Una monografia in forma di album

In questo libro l’autore rende note più di cinquanta opere inedite di Elisabetta Sirani, tra dipinti, disegni e incisioni, che si vanno a sommare alle tante già note di una pittrice che ebbe solo dieci anni di vita per esprimere il proprio talento. Da questa ricerca emerge un volto nuovo, arricchito del singolare stile grafico di Elisabetta, espresso in una pratica innovativa che coniuga la pittura a inchiostro al disegno di tratto, ma vengono presentati anche diversi dipinti dispersi, che resero famosa l’artista e che le valsero in vita elogi e sonetti. Sta riemergendo la serie di Apostoli per la quale venne tributata all’autrice la definizione di “pennello virile”. Attraverso queste opere la Sirani risponde, con la grazia che le è propria, alla tradizione bolognese, carraccesca, delle filosofiche Teste di carattere.

 

ELISABETTA SIRANI

(Bologna 1638 – 1665)

Quando nel gennaio del 1655 Elisabetta Sirani iniziò a scrivere il suo Diario era appena diciottenne, ma già aveva dato prova di qualità del pennello e di spiccato ingegno creativo. Quel lungo elenco, che verrà accuratamente redatto nell’arco di dieci intensissimi anni, inizia con la citazione di una pala d’altare per una congregazione gesuita di Parma. Va da sé che non fosse la prima opera dipinta, è invece il suo esordio pubblico e il recente ritrovamento del quadro dimostra una già consolidata identità.

Dagli insegnamenti del genitore Giovanni Andrea, che era stato il più fidato collaboratore di Guido Reni, Elisabetta aspirò ben presto a emanciparsi e oltre a coltivare uno stile del tutto personale, sin dalle sue prime invenzioni iniziò ad apporre firme. Questo segno di distinzione non le fu subito sufficiente a tacitare voci malevole che pretendevano fosse lo stesso padre a dipingere quelle raffinate opere. 

La Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani diviene allora una precisa rivalsa, un libro di testimonianze, nel quale venivano ‘chiamate in causa’ figure altolocate e intendenti d’arte, che la videro dipingere e che le avevano commissionato pitture, per gli altari di Bologna o per i più sontuosi palazzi d’Europa.

Avrebbe voluto completare la propria formazione a Firenze e a Roma, ma pur rimanendo sotto l’egida familiare di un maestro che non le permise di viaggiare, la giovane artista crebbe e sviluppò la propria personalità raggiungendo in pochissimi anni un successo continentale e anche da un orizzonte chiuso riuscì a mantenersi aggiornata con le espressioni più nuove e colte del barocco italiano. 

Un impegno quasi ossessivo, il carattere vitale e tenace che nonostante tutto la distinguevano, portarono Elisabetta a un gesto stoico in aperta polemica col genitore. Non potendo varcare i confini di Bologna decise per protesta di non uscire più di casa, ma di allestire nelle proprie stanze un’Accademia al femminile. La prima scuola europea di pittura frequentata solo da donne nasce così, come opposizione all’ottusità di un padre padrone. Sarà il grande cronista dell’arte bolognese, Carlo Cesare Malvasia, a scoprire il suo talento e a promuoverne la fama in ogni occasione pubblica, agevolando importanti committenze che oltre al successo provocarono un corredo di invidie e maldicenze.

Fu anche per questo clima cittadino che l’improvvisa morte, a soli ventisette anni, innescò un processo per presunto avvelenamento. Il Malvasia chiuse così la Felsina Pittrice con una biografia che non avrebbe mai voluto scrivere, quella della sua pupilla e dopo un lungo, quasi innamorato prologo, trascrisse parola per parola l’intero Diario di Elisabetta. Qui, per la prima volta, sono quelle pagine manoscritte a venire pubblicate e lo studioso Massimo Pulini, nel corso di un’indagine durata diversi anni e densa di inediti dipinti e disegni, ha dispiegato quel che si conosce e quel che ancora resta da trovare del preziosissimo documento di storia, di arte e di vita.

Un’appendice, redatta da Stefano Antonio Marchesi, aggiunge un racconto sulla morte, sulle due autopsie e sul clamoroso processo che ne seguì.

 

 

Massimo Pulini (Cesena 1958), pittore, scrittore e storico dell’arte. Ha redatto numerosi saggi sull’arte italiana del XVI e XVII secolo e curato varie esposizioni museali. A lui si devono i cataloghi ragionati delle opere di Andrea Lilio (Federico Motta, 2003), di Ginevra Cantofoli (Editrice Compositori, 2006), dei tre pittori cesenati Razzani, Serra e Savolini (Tre artisti nella Cesena del Seicento, Medusa, 2021), di Giovan Francesco Nagli (Centino. Lo sguardo laterale, NFC edizioni, 2023) e dell’ultimo dei caravaggeschi Bartolomeo Mendozzi (NFC edizioni, 2022). Ha pubblicato numerose raccolte di saggi (La coperta del tempo, Medusa, 2008) e due romanzi (Gli inestimabili e Mal’occhio entrambi editi da Carta Canta, 2011 e 2018). Dal 2011 al 2019 ha assunto un impegno di responsabilità civile presso l’Amministrazione di Rimini e si è fatto promotore della Biennale Disegno curando, da direttore del comitato scientifico, quattro edizioni di quella che si è distinta come la più vasta rassegna internazionale dedicata all’Arte del Disegno, antico e contemporaneo.Negli scorsi anni ha tenuto il corso di Arte e Mercato presso la Sapienza di Roma ed è attualmente titolare della cattedra di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna.

 

Formato 24x28 Cm

Pagine 288

ISBN 9788867264827

Spedizioni dal 29/01/2025

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