(illustrazioni di Michele Targonato)
Ci sono, nel calcio come in ogni fiume del secolare agire umano, una histoire événementielle - la storia dei grandi avvenimenti, dei grandi campioni - e una “nuova storia” che investiga il territorio dei segni, delle sconnessure, del quotidiano e lo fa, certo, con l’aratro classico degli strumenti storici, aggiungendoci però lo sguardo delle scienze sociali, attento alle strutture profonde e insieme ai fenomeni di costume. Un lavoro che scava e sa ri-raccontare, a partire anche da minime scintille. Ecco dunque un primo dato di fatto: nelle nostre italiche lande, di conoscitori-innamorati del calcio massimo e minimo come Nicola Calzaretta non ce n’è tanti. Punto. E subito a leggere.
Dopo “Alla ricerca del calcio perduto” rieccolo con un altro regalo non meno proustiano, “Le cose perdute del calcio. Un viaggio nel tempo, un gioco della memoria. Per vedere l’effetto che fa” (pubblica NFC edizioni e sono 16,90 euro ben spesi per 214 pagine). Avvocato di larga umanità, goloso di archivi e memorabilia, ottimamente strutturato quanto a conoscenza del Gioco, tatticamente e storicamente, connoisseur sopraffino di maglie e scarpini, tessuti e colori delle divise pallonare, Calzaretta, antico collaboratore del Guerin Sportivo, è una miniera umana di aneddoti, arricchita in mille interviste a primattori e caratteristi del prato segnato da righe bianche, quel luogo sospeso da affanni e urbanesimo che non smette - nonostante plusvalenze farlocche, bilanci rossastri, agenti prepotenti e sceicchi pigliatutto al punto di ammannire un mondiale in Qatar tra novembre e dicembre - di suscitare passione e proiettare un arcobaleno di sogni, tracce lontane, emozioni. Il calcio è un impero (magico) dei sensi.
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