Luca Giovagnoli

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con un saggio introduttivo di Marco Missiroli

Entrare in una stanza sconosciuta e sentire di averla sempre abitata, questo è
Luca Giovagnoli. La sua arte è un ritorno a noi stessi: il nostro eros, l’amore
bambino e l’amore sconcio, l’umanità che ci lega agli altri, le solitudini di cui
siamo capaci. Non è solo una questione di forma, di colore, di nitori espressivi,
dietro il codice di Luca c’è la libertà che meritiamo. Il desiderio e la sua
perlustrazione, l’intimità e la sua emancipazione, il candore violato e restituito.
Così ogni dipinto di Giovagnoli porta a una domanda meravigliosa e in punta di
voce: e io? Quel punto interrogativo non è un dubbio ma una fame di verità
rispetto a ciò per cui siamo venuti al mondo. E io, quanto sono davvero io?
La prima volta che ho visitato il suo studio, mi sono seduto su una poltrona che
Giovagnoli tiene vicino a un tavolo con dei libri accatastati. Non mi sono dato il
tempo di vedere altro, mi sono accomodato bruscamente: perché ero a casa.
Eppure era la prima volta che mettevo piede nelle sue stanze, eppure non lo avevo
mai conosciuto di persona, eppure la poltrona su cui mi ero seduto era così
accogliente e al tempo scomoda da anticiparmi ciò che avrei vissuto: un
sentimento di appartenenza che avrebbe presto fatto irruzione a gamba tesa.
Davanti alle sue tele, di lì a venti minuti, dopo che mi ha offerto una birra e mi
ha chiesto se volessi vedere i suoi lavori, io mi sono avvertito in un punto di me
inedito e antichissimo. Ricordo la curiosità vorace, toccare gli acrilici, i cavalletti,
i mazzi di pennelli, ricordo la foga con cui ho iniziato a spulciare i suoi lavori.
C’era un gatto che mi girava intorno, stranito da questo forestiero che razzolava tra
le opere del suo Luca con un’aria da famiglia.
Ero andato a trovarlo per conoscerlo, una prima stretta di mano di persona, sono
uscito con un’opera che oggi domina il mio salotto: ritrae un uomo che si sta
tuffando, è in aria con le mani ad angelo, mentre una donna in costume lo osserva
dal trampolino. Lo sfondo è rosa, alcune palme si stagliano lontane, siamo negli
anni Cinquanta o Sessanta. Quell’uomo e quella donna sono liberi: lo deduciamo
dalla prossemica, da un’espressione sfumata sul volto femminile, dalla coreografia
armonica del ragazzo. Sono liberi: non ne siamo sicuri ma è come se lo fossimo.
Perché ne siamo sicuri? Perché guardandoli, siamo noi a esserlo.

Luca Giovagnoli, nasce a Rimini nel 1963, città dove vive e lavora. All’inizio degli anni ’90, più precisamente nel 1993, inaugura la sua prima mostra; di lì in avanti, con scadenza regolare (se non quasi maniacale!) continua ad esporre le sue opere sul territorio nazionale ed internazionale. Nel 2006 firma la nuova immagine per il “manifesto di Rimini”, grande orgoglio per Giovagnoli, infatti la sua illustrazione viene scelta tra opere di artisti come Milo Manara, René Gruau, etc… Nel 2009, sempre sul territorio di Rimini, partecipa a “Contemplazioni” a cura di Alberto Agazzani. Solo 2 anni dopo, nel 2011 espone le sue opere alla 54° Biennale di Venezia, presso il Padiglione Italia a cura di Vittorio Sgarbi. Oltre 20 anni di opere ed arte, che tutt’oggi proseguono.

Collana: NFC Edizioni
Formato: 23,5x29,5 cm
Pagine: 176
Lingua: italiano, inglese, spagnolo
Prezzo: € 69,00
ISBN: 9788867264629

DISPONIBILE DA NOVEMBRE 2024

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